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Raccontarsi online, cosa ne penso

raccontarsi online

Quando mi sono iscritta a Facebook, ormai 11 anni fa, ricordo che pubblicavo tutto quello che mi capitava.
All’epoca stavo finendo la tesi, non sapevo ancora che avrei fatto questo lavoro, postavo status sulle mie serate, i miei pensieri, botta e risposta con amici che non vedevo da tempo. Non avevo troppi filtri, non mi facevo troppe domande.
Facebook era una cosa nuova, qualcosa da scoprire e su cui si poteva spettegolare parecchio. Mi piaceva vedere cosa scriveva tizia, cercare di capire se tizio si intortava con quella ragazza e raccontarlo alle mie amiche.
Un giorno mi chiama Mike e mi dice:
“Ma davvero hai scritto quella roba su Facebook?”
“Cosa?” (vado a vedere)
“Ah sì, beh, ho avuto la cistite questa notte e ho dormito pochissimo.”
“Scusa, ma secondo te agli altri cosa gliene frega che hai avuto la cistite? Non ti sembra un po’ troppo raccontare tutto quello che ti succede, proprio tutto?”
Mi sono vergognata, ho cancellato quel post e da allora ho iniziato a riflettere su come le persone si raccontano online e fino a che livello di profondità fosse giusto spingersi.
Negli anni ho cambiato molte volte idea, ci sono stati momenti in cui mi sono esposta di più e altri meno, ho visto e rivisto la mia posizione.
Le tendenze a oggi di chi pubblica online (per lavoro e non) le riassumerei così:

  • il mondo degli unicorni
  • lacrime e lamenti

Gli unicorni, le case ordinate, le mamme bellissime e i matrimoni dell’anno

Account pieni di unicorni glitterati, macarons, ananas e cactus. Profili di case con mobili accostati alla perfezione, pulitissime e con neanche un giocattolo fuori posto. Mamme che sembrano top model, felici con il loro pargoletto in braccio vestito di tutto punto. Magazine che ripostano foto di matrimoni boho con spose biondissime e corone di fiori in testa abbracciate ai loro splendidi mariti dentro serre allestite con tavoli in legno e candele.
Siamo d’accordo tutti che questa non è la realtà a cui siamo abituati tutti i giorni, vero?
Siamo d’accordo che quelli non sono scatti spontanei ma foto studiate per lanciare un messaggio preciso?
Siamo d’accordo che quelle foto non devono influenzarci in modo negativo (oddio, perché non ho quella vita?) ma essere consapevoli che raccontano solo un lato della medaglia?
Siamo d’accordo.

Ti sbatto in faccia sudore e fatica

Per contrastare tutti questi account perfetti, è nato un movimento rivoluzionario, di quelli che postano foto (in apparenza) meno perfette, possibilmente buie e tristi che raccontano della fatica che c’è dietro al proprio lavoro, alle lacrime versate rispetto un certo tema, ai momenti no che la vita ci offre.
Siamo d’accordo tutti che questa è comunque solo una parte della realtà a cui siamo abituati tutti i giorni, vero?
Siamo d’accordo che anche quelle sono foto studiate per lanciare un messaggio preciso?
Siamo d’accordo che quelle foto non devono farci sentire meglio (evviva, anche quel tizio vive le mie stesse cose), ma essere consapevoli che raccontano l’altro lato della medaglia?
Siamo d’accordo.

Ognuno racconta quel che si sente

Molti si lamentano che i Ferragnez passino il tempo a pubblicare tutta la loro vita sui social, io penso che comunichino quella parte che gli fa comodo, per il loro business e la loro popolarità. Lo accetto, ne sono consapevole e mi va bene così. Posso non condividere la loro scelta, decidere di non seguirli, ma non reputo di per sé sbagliate le loro azioni.
Non ci vedo molta differenza con una crafter che usa sfondi finti per immortalare i suoi nuovi prodotti a catalogo, né con chi si rintana nella sua cameretta, scatta una foto mentre piange e la pubblica con tanto di didascalia sofferente.

Dov’è la verità di quello che postiamo online?

Ognuno decide di raccontare la propria: c’è chi preferisce far vedere solo gli aspetti belli e lasciar fuori i problemi, chi non ha filtri. Chi ama avere una comunicazione curata con immagini ricercate e studiate, chi preferisce continuare a fotografare ogni angolo di casa sua, per far vedere quanto è bella.
La verità è che non esiste qualcuno che comunica in modo autentico al 100%, ognuno racconta la sua personale visione della realtà, con le sue sfaccettature e sfumature.

E tu, da che parte stai?

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Uso la scrittura per far incontrare brand e persone. Sorrido, cammino spesso scalza, non vivo senza scorte di zucca nel freezer. Sono come mi leggi.